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Incroci di olive

    Erano circa le 2 di notte quando nel fondo del vicolo si materializzò una inquietante sagoma longilinea. Pantofole rosse, accappatoio bianco virginale che lasciava intravedere un pigiama blu a fiorellini, capello arruffato e sigaretta spenta alla mano la Grande Inquisitrice incedeva lenta, trascinando il carico dei suoi anni e dei suoi oneri passetto dopo passetto, per sbirciare qua e là all’interno dei pochi locali rimasti aperti.

    Sebbene non avessimo nulla da temere, Principessa Carol e io ci nascondemmo dietro i rispettivi bicchieri di gin tonic. Sia mai che ci prenda per Jedi e ci percuota con le pantofole sul posto.

    “E’ più facile che, vedendoti, per compassione ti spedisca in catene sul desolato pianeta Qormi a contemplare gli indigeni che si tagliano le unghie dei piedi nei giardini pubblici al mesto suono delle campane.”

    “Grazie principessa. Che pensiero delicato. Ci starebbe bene una spaghettata, adesso. Che ne dici?”

    “Decisamente. Con tante olive.”

    La seguii nel suo rifugio. Non che avessi molte alternative: alle porte di Valletta, una flotta di Tallinja imperiali attendeva minacciosa.

    Dura, la vita di noi vecchi bucanieri. Ma in qualche modo me la sarei cavata anche stavolta.

    Un’altra oliva? Su, coraggio, non farti pregare”.

    Sono seduto comodo in poltrona, Laura Palmer mi sta sporgendo per sussurrarmi all’orecchio qualcosa. Credo voglia dirmi che aspetterò 25 anni per sapere l’esito del quarto colloquio di lavoro.

    Dai, non fare complimenti. Prendi questa cazzo di oliva!”, insiste il tizio senza un braccio.

    Vabbè, se prorio insisti”.

    L’indomani mi ritrovai con un asciugamano al braccio sulla spiaggia rocciosa di Ta Xbiex. Il saggio Klingon, guardiano del posto e fine degustatore di ricci di mare, in una lingua condita di Ostja e Madonni, mi additava la distesa d’acqua di fronte. Laggiù in fondo, a una manciata di bracciate a nuoto, avrei trovato finalmente il passaggio dall’astronave Vogon per tornare a casa.

    Ma non era giornata.

    Due scariche elettriche piuttosto potenti mi colsero in prossimità del gavitello. Il saggio Klingon da riva gridò “Attento alle meduse, eh!”

    “E grazie al ca…!” risposi toccandomi il polso, il braccio e le cosce doloranti.

    E con questa temo che abbiamo finito le olive”, osserva il Gigante.

    Ma, già che ci siamo, un’acciughina e un po’ di vino bianco non ce l’avete?”

    Dipende. Questo è il passato o è il futuro?”

    Ah va bene, ho capito, niente acciughe. Ma almeno qualcosa da bere? Un chinotto?”

    Guarda il fuoco che cammina!”

    Fu così che riparai in un centro clandestino di raccolta per resistenti malconci, dove per lenire le sofferenze e combattere il logorio della vita imperiale si ballavano ritmi latini con splendide ragazze provenienti anche dai più remoti sistemi solari. “Apprendete e praticate le antiche tecniche marziali di bachata, salsa e kizomba”, ci esortavano i maestri, “e con l’aiuto della forza Sabato libererete Comino”.

    Io sono il Braccio e me la canto così!”

    Ah, piacere signor Braccio”

    Piacere mio. Desidera un’oliva? Oppure metto su un po’ di musica così balliamo?”

    Avrei un po’ di raffreddore, se non le spiace preferirei appisolarmi un po’ su questo divano”

    AAAARGH!”

    Signorina Palmer, la scongiuro, non cominci di nuovo”

    L’assalto alla base imperiale fu preceduta da un raid del Moviment Graffitti, grazie al quale le temibili postazioni camuffate da sdraio e ombrelloni, che minacciavano i pianeti circostanti, furono spazzate via nell’arco di un mattino. Dal pomeriggio fino a tarda notte, con balli sfrenati e bbq completammo l’opera restituendo a Comino la parvenza di satellite ospitale, democraticamente accessibile a tutti. Di mio, annaffiai anche qualche chiosco e gazebo, scrivendoci “Morte all’Impero”, ma non intendo certo vantarmi per un così piccolo contributo alla causa.

    Mi piace invece menzionare l’ultimo episodio della vittoriosa resistenza, quello che fu combattuto interamente dalla sola Helen contro un sicario imperiale travestito da barcarolo. Costui, nel cuore della notte, millantando entrature nel governo tedesco provava a più riprese a catturare l’attenzione della nostra Comandante, se non proprio a rapire lei stessa in persona, lanciando alitate così pregne di alcol da stordire un bisonte. Ma Helen lo annichilì con una serie micidiale di sorrisi e, dopo due o tre passi di raggaeton, ebbe pure modo di trovare un passaggio fino alla luna di Paceville. Dopo Paceville, avrei dovuto trovare un taxi ma non avevo connessione interstellare, per cui ce la facemmo a piedi, ma questa è un’altra storia, mi è appena suonata la sveglia, sono ancora mezzo raffreddato e non ho la più pallida idea di come sono finito nel Black Lodge. Mi ero quasi ristabilito dall’ennesima influenza, ci sono ricaduto. Ora sto per passare la soglia dei fatidici 50 e ho una voglia matta di farinata. Senza olive, però.

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